Ruolo della terapia manuale nel trattamento delle distorsioni di caviglia

Ruolo della terapia manuale nel trattamento delle distorsioni di caviglia

Introduzione

Le distorsioni di caviglia sono uno degli infortuni più comuni nelle attività sportive in cui siano richiesti salti o cambi di direzione. La gravità di questa tipologia di infortunio dipende dal numero delle strutture articolari coinvolte e dalla severità delle lesioni ad esse associate. Varie metodologie e protocolli sono stati testati per il trattamento di queste problematiche, in questo articolo andrò a commentare quanto emerso da una interessante revisione sistematica che valuta l’utilizzo della terapia manuale per il trattamento di questo tipo di infortunio.

La distorsione dei caviglia è una tipologia di infortunio che presenta una incidenza annua che varia tra i 7 ed i 2.15 casi ogni 1000 abitanti in funzione della nazione considerata(1 – 3). La distorsione in inversione associata a flessione plantare è il più comune meccanismo traumatico a carico di questa articolazione(4), si associa a lesioni a carico del comparto legamentoso laterale e ai legamenti tibio fibulari anteriore e inferiore; la distorsione in eversione, invece, è più rara ed è spesso associata a lesioni a carico del legamento deltoideo(5). La distorsione di caviglia, se non trattata correttamente, può esitare in dolore cronico, limitazione funzionale e, conseguentemente, in una limitazione fisica con ripercussioni sul piano psico – sociale(8 – 9). Il management riabilitativo che prevede l’utilizzo di tecniche di terapia manuale viene già consigliato dalle linee guida specifiche dal 2013(7). Una revisione sistematica del 2018(6), valuta l’effetto della sola mobilizzazione articolare tramite tecniche di terapia manuale nelle distorsioni di caviglia acute, subacute o croniche di grado I e II siano esse in inversione o eversione. Questa revisione considera 583 pazienti presenti in 23 studi e prende in analisi esclusivamente gli interventi di terapia manuale a carico dell’articolazione talocrurale, sub talare o tibio – fibulare inferiore. Studi che valutavano qualsiasi altra tipologia di intervento a carico dell’articolazione quale ad esempio l’esercizio terapeutico, crioterapia, elevazione, bendaggio funzionale, sham intervention o il non trattamento sono stati inclusi nel gruppo di comparazione. Studi che valutavano l’approccio chirurgico sono stati esclusi da questa revisione. Le misure di outcome prese in considerazione in questa revisione sono diverse, in primis parametri quali ROM, dolore e qualità della vita. Altri fattori considerati in questa revisione sono stati dolore, gonfiore, forza, equilibrio, stabilità, propriocezione e cammino, limitazioni nelle attività psico – sociali, sensazione di sicurezza sull’articolazione, rischio di recidiva, funzione e ritorno allo sport. I tempi di rilevamento di questi parametri sono stati tre: immediatamente dopo l’intervento(10), a breve termine entro i tre mesi dall’intervento(11) e a lungo termine dopo i 3 mesi dall’intervento(12).

Le tecniche articolari prese in considerazione in questa revisione prevedevano la mobilizzazione con movimento (MWM) sia in carico che fuori carico, mobilizzazione di grado III e IV secondo Maitland in direzione Antero – Posteriore della tibio tarsica, manipolazione in distrazione (HVLA in distrazione) della tibio tarsica e della sotto – astragalica, taping della caviglia secondo Mulligan (Mulligan Ankle Taping, incluso poichè mira a mantenere nelle attività quotidiane il glide del perone della MWM), mobilizzazione o manipolazione dell’articolazione tibio – peroneale distale e mobilizzazioni in trazione dell’articolazione tibio – tarsica.

Seppur con i limiti di questa revisione (ampia varietà di tempistiche per i follow – up, diversi tipi di tecniche di mobilizzazione articolare, l’impossibilità di aggregare dati per l’analisi sull’efficacia per alcuni parametri di outcome riportati come ad esempio dolore alla pressione e intensità del dolore) i risultati evidenziano come la mobilizzazione articolare porti benefici negli individui con distorsione cronica di caviglia in termini di ROM in dorsiflessione e di equilibrio dinamico. Nel breve termine non sembrano esserci benefici per il ROM in dorsiflesisone, sull’equilibrio statico e sull’intensità del dolore. Gli altri parametri di outcome considerati evidenziano una risposta contrastante. Tra i vari spunti di studio che emergono da questa revisione possiamo individuare la necessità di attuare ulteriori approfondimenti per determinare quali siano i meccanismi attraverso cui le mobilizzazioni articolari migliorano l’equilibrio dinamico e il ROM in dorsiflessione in carico, studiare quale sia la tecnica di terapia manuale più adatta per il trattamento, nonché per indagare gli effetti a lungo termine utilizzando misure di outcome rilevanti.

Alla luce di questa revisione sistematica possiamo identificare alcuni spunti di riflessione nella pratica clinica: non avendo la sola terapia manuale alcun effetto nel miglioramento del quadro clinico durante la fase acuta, quali sono gli approcci per ridurre al minimo i danni dovuti al non uso, all’immobilizzazione e, più in generale, come possiamo ottimizzare le varie fasi di guarigione?

Una revisione sistematica con meta analisi del 2017(13) in cui sono stati considerati 46 studi afferma che ci sono delle forti evidenze per quanto riguarda l’uso di FANS e di mobilizzazione precoce durante la fase acuta mentre l’uso di esercizio terapeutico, terapia manuale, rinforzo muscolare e allenamento neuromuscolare hanno delle evidenze moderate per quanto riguarda la riduzione del dolore, del gonfiore e miglioramento della funzione. In particolare rinforzo muscolare ed esercizio terapeutico (associato ad un training neuromuscolare) sono altamente consigliati per la prevenzione delle recidive.

Nella mia pratica clinica quotidiana, oltre a tutto quello già riferito dalla letteratura sopracitata, ritengo importante mantenere, sin dalle prime fasi post traumatiche, una corretta mobilità del sistema nervoso periferico tramite esercizi di automobilizzazione neurodinamica, in particolare delle distorsioni in inversione in cui, a causa del suo decorso, possono esserci conseguenze a carico del nervo peroneo superficiale.

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