Enuresi nei bambini

Enuresi nei bambini

Introduzione

L’enuresi, o incontinenza urinaria notturna, è un problema che spesso viene sottovalutato, in quanto considerato passeggero. È in realtà un disturbo che, con un adeguato trattamento, si risolve in breve tempo.

L’enuresi notturna è considerata come una qualsiasi perdita involontaria di urina durante il sonno in bambini di età superiore ai sei anni. È una condizione piuttosto diffusa, che interessa circa il 5-10% di bambini con 7 anni di età; è importante anche ricordare che il 3% dei maschi e il 2% delle femmine può continuare a fare la pipì a letto anche a 7-8 anni, fino a 10 anni di età.

La continenza urinaria si raggiunge grazie a una serie di tappe di maturazione che portano alla percezione del riempimento e dello svuotamento vescicale e al controllo volontario dello sfintere uretrale. Questo processo di maturazione richiede un tempo variabile da individuo a individuo e quindi non ci si deve preoccupare se alcuni bambini fino ai 5-6 anni di età non hanno ancora acquisito un controllo minzionale completo.

Per poter affrontare nel modo corretto questa problematica è opportuno distinguere tra enuresi primaria e secondaria. L’enuresi primaria è quella presente nel bambino che non è mai stato asciutto durante la notte (o comunque non lo è stato per almeno sei mesi consecutivi); l’enuresi secondaria è quella che si manifesta in bambini che invece non hanno bagnato il letto di notte per almeno sei mesi precedentemente e riprendono a farlo.

Un’altra importante distinzione si deve fare tra enuresi monosintomatica, cioè presente in un bambino che non ha nessun sintomo di disfunzione vescicale, e enuresi non monosintomatica, cioè enuresi associata a sintomi di disfunzione vescicale.

Le disfunzioni vescicali possono riguardare il riempimento e lo svuotamento vescicale.

Sintomi di alterato riempimento vescicale sono:

  1. L’urgenza minzionale, ovvero la comparsa di un improvviso e non trattenibile stimolo minzionale
  2. L’incontinenza urinaria continua o intermittente, che consiste nella perdita di urina, presente in modo continuo o solo in alcuni momenti, durante il giorno o la notte o entrambi
  3. Numero incongruo di minzioni, se superano le 4-6 minzioni giornaliere o sono in numero inferiore o uguale a 3

I sintomi di alterato svuotamento vescicale invece sono:

  1. Esitazione minzionale: ritardo o difficoltà nell’inizio della minzione
  2. Minzione forzata: richiede l’utilizzo dei muscoli addominali per effettuare la minzione
  3. Getto debole
  4. Getto intermittente

Le cause dell’enuresi possono essere differenti, ma nella maggior parte dei casi sono da riscontrarsi in una sovrapproduzione di urina durante la notte o in una capacità ridotta della vescica. Inoltre spesso si aggiunge una difficoltà nel risveglio in seguito alla presenza dello stimolo minzionale.

Nei bambini che presentano enuresi primaria le cause più frequenti sono:

  • Disturbi del sonno
  • Ritardo nei processi di maturazione neuro-fisio-anatomici
  • Ridotta produzione notturna dell’ormone antidiuretico
  • Ridotta capacità vescicale rispetto alle condizioni normali per età.

Nei bambini con enuresi secondaria è importante escludere la presenza di altre problematiche, quali:

  • Infezioni delle vie urinarie
  • Diabete mellito: soprattutto di tipo 1 che si presenta quado il bambino urina a letto, beve più di 2 litri di liquidi al giorno, urina molto, perde peso anche se mangia abbondantemente
  • Cause psicologiche

È inoltre importante escludere, sia per enuresi primaria che secondaria, la presenza di patologie del sistema nervoso o di disfunzioni anatomiche del tratto urinario. Altre cause, spesso sottovalutate, sono:

  1. La stitichezza: un intestino pieno di feci nell’ultimo tratto, interferisce con la capacità vescicale e con il suo completo svuotamento.
  2. Obesità, che si associa spesso a disturbi del sonno o a diabete di tipo 2
  3. I disturbi respiratori ostruttivi che interferiscono con la qualità del sonno

Una volta indagate le cause e distinto fra i vari tipi di enuresi è possibile impostare un efficace trattamento per poter risolvere il problema, invece di aspettare che si risolva autonomamente.

Innanzitutto è importante non colpevolizzare il bambino, questo atteggiamento spesso comporta perdita della stima in se stesso e nella comparsa di insicurezza che il bambino manifesta in altre attività. Inoltre è anche fondamentale che ci sia da parte del bambino e della famiglia interesse e collaborazione nell’affrontare il percorso, altrimenti il trattamento risulterà inefficace.

Il trattamento si può iniziare dopo i 5-6 anni di età, e si inizia con la compilazione del diario minzionale. Si tratta di una tabella che deve essere compilata per almeno un giorno intero, meglio se per 2-3 giorni consecutivi, nella quale vengono segnate le minzioni effettuate dal bambino durante la giornata. A ogni minzione deve essere associato l’orario in cui viene effettuata e la quantità di urina prodotta (il bambino dovrà urinare ogni volta in un contenitore graduato). È inoltre utile indagare, per ogni minzione, se ci sono associati dei sintomi che possono far pensare alla presenza di disfunzione vescicale (esitazione minzionale, sforzo, fastidio o bruciore, getto debole)

Per poter capire se vi è normalità nelle minzioni eseguite durante la giornata, è utile sapere che una frequenza minzionale normale varia fra le 4 e le 7 minzioni giornaliere con un volume corretto che si calcola con la seguente formula:

30 x età del bambino ± 30 ml

(se ad esempio il bambino ha 10 anni si dovrà fare questo calcolo: 30×10 ± 30= 300 ± 30; cioè è da considerarsi normale un volume di urina tra 270 e 330 ml).

Nel diario si deve inoltre segnare la quantità di liquidi assunti durante la giornata, sempre associati all’orario in cui sono stati ingeriti e la presenza di altri disturbi legati alla minzione (urgenza, perdite di urina). È utile associare al diario minzionale un calendario delle notti asciutte, che il bambino può compilare in autonomia ogni mese e pesare il pannolino prima di andare a letto e al risveglio per calcolare il volume di urina prodotto durante la notte (se il bambino utilizza regolarmente il pannolino durante il sonno).

Un’altra terapia fondamentale è quella comportamentale, che richiede qualche mese di attuazione e consiste nel:

  • Migliorare e correggere l’introito di liquidi durante il giorno, evitando le bevande gassate e zuccherate e l’assunzione di latte o acqua prima di andare a dormire;
  • Abituare il bambino a urinare in maniera regolare durante il giorno e ad urinare prima di andare a letto
  • Capire se presente e correggere la stitichezza.

Una volta effettuati questi primi due step, è possibile inserire la fisioterapia, che insegnerà al bambino come si rilassano gli sfinteri e come si controllano gli stimoli urinari, e l’allarme notturno.

L’allarme notturno consiste in un sensore che si posiziona sulle mutandine del bambino e emette un suono forte nel momento in cui gli slip iniziano a bagnarsi (cioè quando il bambino inizia a fare pipì). L’allarme emesso sveglia il bambino che può così alzarsi e continuare ad urinare in bagno. Svolge la stessa funzione dello stimolo urinario che però il bambino fatica a percepire; il cervello del bambino inizierà così ad associare lo stimolo urinario e la vescica piena all’allarme. È utile insegnare al bambino a cambiare in autonomia le lenzuola bagnate durante la notte, in quanto si è visto che questo riduce i tempi di utilizzo dell’allarme. È infatti opportuno che durante il periodo di utilizzo dell’allarme il bambino sia sprovvisto di pannolino, per una maggior efficacia del trattamento.

A questi trattamenti è possibile associare la terapia farmacologica, scelta dal pediatra in base alla tipologia di enuresi riscontrata nel bambino.

I farmaci utilizzati sono la desmopressina (nel caso di enuresi monosintomatica) e l’ossibutinina (in caso di enuresi non-monosintomatica).

Le terapie non vanno mai interrotte bruscamente, ma sempre sotto il controllo o il consiglio dello specialista. Generalmente si ha una risoluzione dell’enuresi in circa il 90% dei casi se c’è collaborazione da parte del bambino e della famiglia nel giro di 5-12 settimane.

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