LCA e return to sport quale verità?

LCA e return to sport quale verità?

Introduzione

I criteri di ritorno allo sport (RTS – Return to sport) vengono spesso utilizzati come parametri per sancire la ripresa dell’attività agonistica dopo un intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore. Questo articolo ne valuta l’affidabilità secondo le ultime pubblicazioni disponibili.

La lesione del legamento crociato anteriore è uno degli infortuni acuti più comuni a carico dell’articolazione del ginocchio e rappresenta una grande sfida per clinici e ricercatori.  Sebbene alcuni studi presenti in letteratura suggeriscano come il trattamento conservativo sia efficace nel 51% dei casi (1), l’approccio chirurgico risulta essere, ad oggi, quello più comune tra gli sportivi che vogliono riprendere l’attività sportiva (2–4). Studi evidenziano come, successivamente all’approccio chirurgico, sia presente un deficit della forza muscolare con conseguente riduzione della stabilità dinamica fino a due anni dopo la ricostruzione (5-9). Questo fattore può influenzare negativamente la capacità del ginocchio di resistere alle sollecitazioni richieste dall’attività sportiva e quindi incrementare il rischio di infortuni (10). In questa fase storica, inoltre, sono emersi protocolli molto aggressivi per quanto riguarda la riabilitazione post chirurgica del LCA, con tempi di ritorno allo sport molto brevi (4 mesi), nonostante ci siano grandi evidenze sul fatto che la ripresa agonistica non debba avvenire prima di almeno 9 mesi post intervento (11), al netto di differenze neuromuscolari e compensatorie che permangono anche oltre questo limite temporale (12).

Per determinare la ripresa agonistica sono stati creati diversi protocolli che prevedono una batteria di test che hanno lo scopo di ricercare le condizioni di stress massimale a carico dell’articolazione. Attualmente i protocolli RTS presentano alcuni punti in comune. La maggior parte di questi protocolli (13-28) prevedono categorie di test, alcuni più ad appannaggio medico, altri più ad appannaggio fisioterapico quali ad esempio:

  • KT1000 e KT2000: test eseguiti con un artrometro che valuta oggettivamente (tramite un confronto numerico) la tenuta del legamento crociato anteriore;
  • Range of motion articolare;
  • Test di Lachman;
  • Pivot Shift Test;
  • Test di resistenza isotonica ed isocinetica;
  • Test di forza massimale;
  • Test di forza angolare a vari angoli;
  • Test propriocettivi;
  • Test di posizione articolare;
  • Test di salto e atterraggio bi e mono podalico;
  • Test di analisi cinematica del movimento;
  • Somministrazione di scale di valutazione (ACL-RSI, IKDC, KOOS ecc.);
  • Corsa con cambi di direzione;
  • Test sport specifici.

Per molto tempo si è pensato che questi test, somministrati ai pazienti nelle diverse fasi riabilitative o di riatletizzazione precedenti al ritorno allo sport fossero sufficienti per ridurre il rischio di una recidiva a carico del legamento crociato anteriore. Negli ultimi anni però, molti studi hanno provato a fare luce di questo aspetto. In particolare Webster e Hewett con una revisione sistematica e meta‑analisi pubblicata sulla rivista Sports Medicine del 2019 (29) hanno evidenziato come, per il modo in cui sono concepiti ad oggi i criteri di RTS, la riduzione del rischio di recidiva ipsilaterale si riduca del 60%, ma incrementi del 235% il rischio di lesione controlaterale. Questi autori, inoltre, notano come in realtà i test vengano spesso somministrati non con l’intento di capire se il paziente presenta un rischio ridotto di infortunio, ma per valutare le capacità prestazionali del paziente prima del ritorno allo sport.

Un’altra revisione sistematica e meta‑analisi pubblicata da Losciale et. Al (30) nel 2019 sulla rivista JOSPT seppur con un livello di evidenza 2a- dovuta alla grande eterogenicità osservata negli studi considerati, afferma come non sia possibile concludere con certezza che esista una associazione tra il superamento delle prove RTS e il rischio ridotto di una recidiva di lesione a carico del LCA.

Nella revisione sistematica basata su studi con livello di evidenza 2 pubblicato su Medicine & Science in sport exercise del 2020 (31) evidenzia come emerga la necessità di un rigoroso esame dei test RTS oggettivi e sulla loro capacità di fornire informazioni sul rischio di rottura dell’innesto con l’obiettivo di ricercare un protocollo RTS sicuro standardizzato e basato sull’evidenza.

Questi studi quindi evidenziano come i soli criteri oggettivi siano di difficile applicazione nella fase di ritorno allo sport per prevenire e ridurre il rischio di una recidiva ipsi o controlaterale. Un interessante spunto è possibile trovarlo in uno studio pubblicato sulla rivista JOSPT nel 2015 (32) in cui vengono studiati i meccanismi neuroplastici legati alla lesione prima e, successivamente, alla fase riabilitativa. Questo studio, nelle conclusioni, afferma che il recupero muscolo – scheletrico associato ad un retraining neuromuscolare visuo – motorio può migliorare il controllo multiplanare del ginocchio e del tronco e le asimmetrie del movimento tipiche della fase post chirurgica.

Oltre a questi fattori “fisici” risulta fondamentale tenere in considerazione anche gli aspetti psicologici che possono facilitare o ostacolare il recupero ed in conseguenza ritorno allo sport. Truong et Al. in una Scoping  Review del febbraio 2020 (33) afferma come la considerazione, durante la fase riabilitativa, dei fattori sociali, psicologici ed il vissuto che accompagnano il paziente sin dalla fase post – traumatica, dovrebbe essere una componente essenziale dell’approccio evidence – based alla gestione delle lesioni a carico del ginocchio.

In conclusione, seppur riservando qualche dubbio di carattere clinico – esperienziale sull’esito della revisione pubblicata da Webster e Hewett, risulta possibile affermare che i soli criteri oggettivi RTS non siano sufficienti a garantire una riduzione significativa del rischio di recidiva di lesione ipsi o controlaterale. Un approccio globale che prevede, oltre al recupero muscolo – scheletrico, anche uno specifico training neuromuscolare con enfasi sul controllo visuo – motorio associato ad una presa in carico del paziente anche dal punto di vista bio – psico – sociale sembra, ad oggi, essere la strada migliore per ottenere un buon risultato aiutando a mitigare la disfunzione del movimento post – lesione e ridurre il rischio di recidive al momento del ritorno all’attività.

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